Fitodepurazione: anello di congiunzione tra ecologia e turismo

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Manca davvero poco alla conclusione di un progetto importantissimo che ha coinvolto il Comune di Maccagno con Pino e Veddasca e di Tronzano Lago Maggiore.

Parliamo di “Sistemi di fitodepurazione a servizio dei comuni di Maccagno con Pino e Veddasca e Tronzano Lago Maggiore”, cofinanziato dalla Fondazione Cariplo nell’ambito del Bando del 2009 “Tutelare la qualità delle acque” per un importo pari a € 980.000 su un valore complessivo di € 2.395.000. Le altre parti coinvolte hanno contribuito rispettivamente con € 100.000 (Comune di Maccagno con Pino e Veddasca); € 250.000 (Comune di Tronzano Lago Maggiore), € 100.000 (Comunità Montana “Valli del Verbano”); € 965.000 (Società Verbano S.p.A.).

Le opere, progettate dalla società Blu Progetti s.r.l. di Varano Borghi (Va), sono state eseguite dalle imprese Civelli Costruzioni S.r.l. di Gavirate (VA) e Puricelli Ambiente Verde S.r.l. di Jerago con Orago (VA).

Per risalire alle origini di questo fondamentale progetto, dobbiamo fare un passo indietro, fino al 2009, quando gli ex Comuni di Pino e Veddasca ebbero l’intuizione che fosse necessaria una svolta per garantire la messa a norma degli scarichi dei reflui urbani provenienti da quelle zone.

Si è dovuto attendere fino al 2014 quando, con la fusione dei Comuni, è stato ereditato anche il progetto. L’iter non è stato così semplice. Il Comune di Maccagno con Pino e Veddasca chiese alla Fondazione Cariplo, per due volte, proroghe per ritardi, nel 2017, ma il “no” non tardò ad arrivare.

Solo grazie al pressante intervento dell'Amministrazione Comunale si arrivò al sopsirato "via libera" e i primi cantieri poterono iniziati: era il 2018.

Il progetto prevede la realizzazione di otto impianti di fitodepurazione a servizio di alcuni nuclei abitati nei comuni di Maccagno con Pino e Veddasca e Tronzano Lago Maggiore, ovvero la messa a norma degli scarichi dei reflui urbani provenienti da Pino, Zenna, Poggio, Ronco Scigolino e - in Val Veddasca - Armio, Biegno, Cadero, Graglio e Lozzo.

A oggi, i tre impianti rivieraschi sono pronti alla messa in esercizio, così come tre dei cinque impianti della Val Veddasca. Quelli di Cadero e Armio saranno ultimati nell’estate del 2019.

Osservato sotto l’aspetto ecologico e naturalistico, il progetto ha lo scopo di migliorare la qualità delle acque superficiali del Lago Maggiore, recettore finale degli scarichi, in ottemperanza alla Direttiva Quadro sulle Acque 2000/60/CE, specifica per la protezione e il ripristino della qualità dei corpi idrici superficiali e sotterranei.

Entro il 31 dicembre 2019 tutti i sistemi di fitodepurazione dovranno passare ad Alfa, che diventerà il gestore unico che regolerà il sistema di acque in provincia di Varese.

L’ingegner Massimo Sartorelli (progettista e direttore dei lavori), nel corso di una conferenza stampa tenutasi in Municipio venerdì 12 aprile, ha spiegato che il progetto è diviso in due lotti.

A Zenna, Ronco Scigolino e Riva di Pino, i tre impianti sono stati realizzati con la tecnica della fitodepurazione. Fondazione Cariplo voleva dare un’impronta ecologica, realizzare qualcosa che si inserisse bene nell’ambiente grazie all’utilizzo di piante e di acqua. In tal senso, gli interventi sono stati progettati nel rispetto delle indicazioni normative vigenti in merito alle tipologie d'impianto da adottare e ai limiti da rispettare per lo scarico. Inoltre, sono stati adattati al contesto territoriale per inserirsi in modo compatibile con gli ambienti che caratterizzano le aree di intervento. Il dimensionamento degli stessi è stato effettuato tenendo conto sia della popolazione residente sia di quella fluttuante, costituita dai turisti che frequentano le zone, in particolare in periodo estivo.

Gli impianti consistono in zone umide artificiali che sfruttano la capacità autodepurativa degli ambienti acquatici, che avviene attraverso una serie di processi chimici, fisici e biologici che si verificano fra i substrati che li costituiscono (medium) e le biocenosi esistenti, principalmente macrofite acquatiche - fra cui quella più comunemente usata è la cannuccia di palude (Phragmites australis) - e i batteri coinvolti nei processi di degradazione della materia organica presente nei reflui. La scelta dell’impianto con la cannuccia di palude è motivata dal fatto che questa pianta ha una crescita veloce e non richiede grandi interventi di manutenzione. Inoltre, il suo apparato radicale raggiunge i 60-70 cm di profondità e ha una particolare capacità di trasferire l’ossigeno atmosferico sul fondo dove si formano zone aerobiche necessarie per alcuni processi ossidativi.

Gli impianti di Armio, Biegno, Cadero, Graglio e Lozzo sono del tipo a flusso sub-superficiale orizzontale mentre quelli di Zenna, Ronco e Riva del tipo a flusso sub-superficiale orizzontale e a flusso verticale.

La scelta di realizzare sistemi a flusso sommerso è stata determinata dal fatto che mantenendo l’acqua al di sotto del livello del letto si riducono notevolmente il rischio dell’insorgenza di cattivi odori e lo sviluppo di insetti.

Gli impianti sono dimensionati per servire complessivamente 1543 Abitanti Equivalenti, valore che tiene conto anche dell’aumento della popolazione nei mesi estivi. Rispetto ai sistemi tradizionali, con la fitodepurazione i picchi di carico vengono assorbiti.

Il 90% dei lavori è stato effettuato; in Veddasca, dei cinque impianti previsti, ne sono stati già realizzati tre; mancano Cadero e Armio, quasi giunti al termine. Per difenderli dagli animali è stato necessario recintare gli impianti. Data l’importanza di questo progetto, si è scelto di realizzare un percorso di monitoraggio ambientale, didattico e di divulgazione: da settembre le scuole saranno coinvolte, perché è essenziale raccontare ai ragazzi gli accorgimenti da usare, così come alla popolazione.

Per i primi due o tre anni, le cannucce saranno piccole. Verranno assorbiti carbonio, azoto e fosforo ed effettuati sfalci invernali che poi saranno portati nei compostaggi.

 

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