Antonio da Tradate…continua a far parlare di sé

Municipio di Maccagno
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Domenica 3 aprile 2016 l’Auditorium di Maccagno con Pino e Veddasca ha ospitato un interessante convegno dal titolo: “Antonio da Tradate. L’arte Sacra nel Varesotto e Canton Ticino”.

Una sorta di approfondimento dell’omonima mostra allestita fino al 17 aprile negli ampi spazi delnostro  Civico Museo “Parisi-Valle”.

Il Sindaco Fabio Passera, affiancato dalla giornalista Clara Castaldo, in questa occasione critico d’arte e moderatore, hanno dato il benvenuto agli illustri relatori.
A rompere il ghiaccio è stato Monsignor Franco Agnesi, Vescovo ausiliario di Varese; con il suo intervento su “Arte e Fede: gli affreschi del Rinascimento Prealpino come testimonianza del senso religioso popolare”, ha spiegato come la
rappresentazione iconografica del Mistero, che all’inizio era solo un’ipotesi, abbia reso più comprensibile la rivelazione cristiana alla gente e abbia accompagnato il cammino di Fede delle nuove generazioni. Le nostre chiese e le nostre liturgie, restano il luogo di celebrazione della Cristianità, per questo i restauri delle opere d’arte rappresentano una sorta di profezia per gli altri che potranno goderne in futuro.

E’ stata poi la volta della Professoressa Paola Viotto, che ha dettagliatamente illustrato “I simboli e le iconografie in Antonio da Tradate”. Curatrice della mostra in corso al Museo “Parisi-Valle”, la studiosa ha sottolineato quanto le opere del pittore siano una sorta di catechismo per immagini. Questo lo si evince dalle scene narrative in cui sono ricorrenti sia la centralità di Cristo, ma anche le figure degli Apostoli, degli Evangelisti e dei Dottori della Chiesa. Non mancano, poi, momenti di vita quotidiana, se pensiamo al “Ciclo dei Mesi”, con scene molto concrete, nelle quali comunque non si esce mai dal tema del Sacro anche se si è in terra. Questa caratteristica dell’intera produzione di Antonio da Tradate si può facilmente ricondurre al fatto che i committenti appartenevano spesso alle comunità locali per le quali il tema sacro era molto importante. Interessanti anche i cartigli che rivelano senza dubbio influenze colte, a volte tratte perfino da testi che si trovano nelle Abbazie inglesi, scritte su monumenti funebri, o addirittura in un codice miniato della Badessa Kunigunda di Boemia, del XIV secolo.

Piero Lotti, restauratore, ha esposto i suoi “Appunti sul restauro e la conservazione della “Crocifissione” di Antonio da Tradate. A distanza di trent’anni, ha rimesso mano ad un lavoro che aveva già fatto suo padre, Carlo Alberto. Ha
spiegato come la tecnica dello “strappo”, che prevedeva la rimozione delle opere insieme a tutto l’intonaco e il muro che le ospitava, risalga in realtà a tempi antichissimi, essendoci pervenute testimonianze già da Vitruvio e da Plinio. Il cosiddetto “massello”, che favorì il trasporto a Roma di dipinti provenienti dalle terre conquistate, trovò nuova fortuna a partire dal Rinascimento e fu poi affiancato e sostituito dalla tecnica dello strappo che consiste, appunto, nello strappare la pellicola  pittorica per poi riportarla su un’altra tela e applicarla ad un nuovo supporto attraverso l’utilizzo di colle reversibili che non ne danneggino l’aspetto originario. Dal punto di vista conservativo, ha precisato Lotti, l’opera di Antonio da Tradate trasportata dalla sede del Palazzo Comunale di Luino al Museo “Parisi-Valle”, ha risposto molto bene all’invecchiamento. La cristallizzazione delle colle ha creato solo piccoli crateri e qualche lacuna. Il suo lavoro è consistito in una semplice pulitura a secco, oltre ad una revisione dell’integrazione pittorica. Certamente, l’opera ha cambiato il suo stato, non essendo “nata” per stare su tela; era già parzialmente rovinata quando si trovava sulle pareti della casa di Campagnano ma, fortunatamente, il processo di deterioramento non è avanzato.

Il professor Emilio Rossi ha presentato la sua relazione dal titolo: “Antonio da Tradate: pittore locarnese sulla riva orientale del Verbano”. Partendo dall’Oratorio della Madonna del Monte (Sant’Anna), situato nei pressi dell’Alpe di Cedullo, a circa un’ora di cammino da Indemini, all’interno del quale è conservato, sulla parete terminale, un affresco raffigurante una “Madonna del latte” di Antonio da Tradate, appunto, (molto simile dal stilisticamente e iconograficamente, alle rappresentazioni mariane di Fosano, nella Cappella di Santa Maria di Loreto, e di Ronco di Gerra Gambarogno, nella Cappella di San Bernardino), il professor Rossi ha spiegato quanto fosse importante, all’epoca, l’allattamento, in quanto era visto come un antidoto contro le epidemie che colpivano i bambini.
La mancanza del latte, in una donna, era come una maledizione, a tal punto che, nel 1604, il Cardinale Borromeo condannò “chi avesse tolto latte a donna o bestia”. Si facevano addirittura pellegrinaggi per implorare la benedizione del latte materno. Nella chiesa di San Tronchedo, vicino a Curiglia con Monteviasco, troviamo lo strappo di un affresco con una Madonna del latte con orante (probabilmente in origine si trovava in un tabernacolo, come si evince dal cartiglio), in cui si nota una maggior padronanza pittorica dell’artista. Dopo aver citato numerosi altri esempi dell’arte di Antonio da Tradate nel territorio del Verbano, il professor Rossi ha parlato anche degli affreschi della Casa privata Marchione, a Maccagno Superiore, di fronte alla Chiesa di San Materno, dove sono rappresentati “L’Annunciazione” e “San Sebastiano”. A Cunardo vi è una “Pietà” sempre dello stesso autore, raffigurante la Madonna seduta in un trono, con il volto reclinato verso il figlio morto che tiene sulle ginocchia in atteggiamento di muto dolore. Infine, uno sguardo agli affreschi nella Chiesa di Sant’Antonio, a Maccagno Superiore: si tratta di una sorta di “Biblia Pauperum” (secondo Gregorio VII) in quanto è stata realizzata in un linguaggio accessibile anche agli analfabeti, che all’epoca costituivano la maggioranza della popolazione, per permettere loro di conoscere la storia della salvezza. Tra le scene superstiti più significative, l’ingresso in Gerusalemme, l’ultima cena, l’orazione nel Getsemani, la cattura di Gesù, il bacio di Giuda, il taglio dell’orecchio da parte di Pietro al servo del sommo sacerdote Caifa, la flagellazione, l’incoronazione di spine, Cristo di fronte a Pilato.

Maurizio Isabella nel suo intervento “Due artisti a confronto: Antonio e Guglielmo” ha fatto un dettagliato excursus attraverso le opere del pittore di Tradate e di Guglielmo da Montegrino Nel Santuario di Santa Maria delle Grazie, a Maccagno Inferiore, sul Monte Venero, resta un affresco sopra l’altare, malconcio e ridipinto più volte, raffigurante una Madonna con angeli attorniata dai santi Aquilino, Antonio, Sebastiano, Vincenzo e Rocco. Di particolare pregio il dettaglio dei tessuti damascati, con foglie di quercia, e anche quello delle mani e delle unghie. Del pittore di Montegrino ha ricordato, tra gli altri, l’affresco della Crocifissione (1522) presente nella Chiesa di San Giorgio a Brissago Valtravaglia, in cui i dettagli dei capelli di Cristo sono simili a quelli raffigurati nella Chiesa di Moscia a Campagnano e le gocce di sangue a quelle della Chiesa del Carmine a Luino.

A concludere l’interessante convegno, Federico Crimi, che ha parlato di “Vite parallele: la bottega itinerante di Giovanni Battista da Legnano a Maccagno”. Di quest’ultimo, sappiamo che dipinse un importante ciclo della vita di San Rocco a Crana, nel 1534. Notevole anche il suo trittico su tavola, firmato e datato, dell'oratorio di S. Gottardo del Carmine, ora nella collegiata di San Vittore a Cannobio, risalente al 1529.
Le tecniche di costruzione dei personaggi sono simili, ad esempio le mani della Madonna e quelle di San Rocco. Nella Pala di Cannobio la Madonna al centro è di elevata qualità, i santi laterali hanno meno pregio e presumibilmente sono fatti da mani diverse.
Si potrebbero scrivere ancora tantissime pagine su questo personaggio, Antonio da Tradate. Forse, l’averlo riportato in luce attraverso la mostra e aver approfondito alcune tematiche grazie alle relazioni degli illustri ospiti del Convegno, servirà, ci auguriamo, a renderlo un po’ più conosciuto e apprezzato soprattutto da chi ha la fortuna di vivere nei luoghi che sono stati teatro della sua intera produzione artistica.

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